ARCHITETTURA FLESSIBILE CONTRO L’OBSOLESCENZA
L’architettura attuale, che sia fatta da grandi archi star (Ghery, Hadid, Piano, Chipperfield, etc) o sia fatta dal geometra della porta accanto, ha in comune la stessa idea di “resistenza”, ovvero è intesa come un prodotto rigido (con caratteristiche formali definite e univoche), immutabile e teso all’eternità senza subire alcuna modifica col susseguirsi del tempo (e dei tempi). Noi architetti abbiamo imparato all’università e dalla pratica abituale della professione a percepire l’architettura come un prodotto, soprattutto funzionale, rigido, forte e duraturo; come un solido che rimane uguale a se stesso, che resta immutabile e si contrappone alle mutazioni della realtà e della società.
Abbiamo imparato a progettare un edificio che risponda ottimamente soltanto, a necessità particolari e limitate che corrispondono a quelle richieste funzionali d’uso corrispondenti ad un tempo storico anche esso limitato e successivo alla sua inaugurazione. Di ciò che sarà della ”nostra opera” non ce ne curiamo. Ma le persone che vivono l’edificio, la società in cui l’edifico è usato e con cui interagisce cambiano e con loro anche le loro modalità espressive, funzionali, fruizionali, come le necessità emotive, lavorative, sentimentali, abitative…
quando variano le necessità degli abitanti ma le prestazioni dell”architettura
Cambiano i modi di vivere, cambiano i modi di lavorare, cambiano i modi di usare gli edifici e cambiano anche le tecnologie. Per questo motivo l’edifico da noi progettato può esser ottimamente funzionale oggi, ma tra 5…10… anni non sappiamo se sarà né ottimo né funzionale. Quando un edificio non risponde appieno alle necessità ed alle esigenze di chi lo vive (o usa) allora questo è un edificio obsoleto, indipendentemente dalla sua età.
E allora che si fa di un edificio obsoleto specie se giovane (10 anni di vita)? lo si riqualifica da zero (con costi enormi)? Lo si abbandona (degrado e costi sociali)? Lo si distrugge (ma per poi costruire cosa? un altro edificio che diventa non funzionale dopo pochi anni)? O peggio ancora si continua ad usarlo (e male) con disconfort e malessere fruizionale. Qualsiasi possa essere la risposta corretta a queste domande, e non vi è una unica risposta, essa lo è oggi, ma siamo sicuri che tra qualche anno risponderemmo ugualmente? L’unica risposta che possa essere uguale a tutte le domande e in qualsiasi tempo è una affermazione: costruiamo senza obsolescenza.
l’ architettura flessibile come nuovo modo di vedere l’architettura
L’ architettura flessibile inizia incominciando a pensare e ragionare con il “se” mentre progettiamo; dobbiamo applicare un’architettura “del congiuntivo”: un’architettura della possibilità. Un’architettura che preveda la possibilità del cambiamento, un’architettura che sia fatta veramente per l’uomo e che sull’uomo si conformi e confronti continuamente. Come l’uomo ha nel suo DNA la variazione, l’adeguarsi, il cambiare così anche l’architettura dovrà essere variabile, adeguabile, modificabile, cambiabile, adattiva… in una parola unica: flessibile.
L’ architettura flessibile non è formalmente diversa da qualsiasi altra architettura, ciò che la diversifica non è né il suo look, né tantomeno il suo stile, ma la sua stessa essenza. Quando un architetto progetta un’architettura flessibile esso dovrà tenere conto che l’edificio nel futuro potrà avere diverse destinazioni d’uso diverse funzioni e differenti piante, che la tecnologia che lo caratterizza oggi tra pochi anni sarà già vecchia ed avrà bisogno di essere cambiata.
Di conseguenza non deve progettarlo come un oggetto chiuso e rigido, ma come un insieme di parti interagenti. Dovrà tenere presente quali sono gli aspetti del progetto attuale che potranno essere cambiati, che invecchieranno e progettarli in modo tale che non creino vincoli alla loro modifica.
l’ architettura flessibile è solo per edifici nuovi?
Ma l’ architettura flessibile non è solo questo, è ancora di più è far entrare l’architettura stessa come attore attivo all’interno del processo di modifica: la capacità di rispondere correttamente alle richieste dei fruitori non avviene tramite un imposizione esterna (riqualificazioni, demolizioni e ricostruzioni) ma grazie a strumenti, spazi, materiali, tecniche già presenti nel progetto iniziale e nell’edificio stesso
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